Parlare della bellezza, oggi, è come parlare di un'utopia indispensabile.
"Bellezza" è una di quelle parole che a furia di usarle a sproposito, si sono usurate e adesso si offrono come gusci di noce senza gheriglio. In questi anni, la bellezza è passata dall'estetica all'estetismo, dall'anima al corpo (specie nei concorsi di bellezza), dalla passione alla compassione ("bella dentro").
Ma allora mi chiedo:cos'è la bellezza, un ideale assoluto o una convenzione? Un concetto filosofico o una mediazione culturale? In molti si sono gettati nella titanica impresa di definire il concetto di bellezza: esiste un romanzo di Zadie Smith,On Beauty, esiste persino una Storia della bellezza, curata da Umberto Eco. Il presupposto è che la bellezza non sia mai stata, nel corso dei secoli, un valore assoluto e atemporale; la bellezza ha assunto forme diverse; è stata armonica o dionisiaca, si è associata alla mostruosità nel Medioevo e all'armonia nelle sfere celesti del Rinascimento; ha assunto le forme del vagheggiamento nel periodo romantico per poi farsi artificio, scherzo e citazione in tutto il Novecento. La bellezza con cui oggi siamo costretti ogni giorno a confrontarci è quella creata dai media, all'insegna del più totale relativsmo, altrimenti detto "moda".
Io penso che, come sosteneva Simone Weil, c'è tanta bellezza tutt'intorno, persino nei gesti quotidiani, nei paesaggi, nelle svariate situazioni... Basta saperla cogliere perché, come è noto, la bellezza è negli occhi di chi guarda!