simona.corrado Mar Gen 25, 2011 9:39 pm
Prima di esprimere un parere sui dipinti raffiguranti la disabilità ritengo che significativa sia stata la testimonianza della collega in aula, in quanto mi sono ritrovata in alcune sue parole come quella di “ rete” e di “ l’ Io rinasce in un incontro” infatti spesso, soprattutto quando la docente ci ha mostrato dei video come quello della Atzori, ho sentito il bisogno di discuterne e parlarne al di fuori dell’ aula, con le amiche dell’ università, a casa con i miei. Ricordo ancora la forte emozione che ho provato nel vedere quel video. E’ proprio in questo circolo di interazioni,che credo, che ognuno rinasca, nel senso di ricostruirsi una prospettiva rispetto a quella che si aveva. A volte dalle discussioni di casi di disabilità con amiche, parenti, mi sono resa conto di quanto questi corsi universitari, i dibattiti in aula abbiano inconsapevolmente sviluppato in me un modo nuovo di approcciarmi alla disabilità, tanto che più volte mi chiedo e domando agli altri: ma cos’ è normale?
Ritornando al discorso sulla disabilità nell’ arte, come già ricordato in aula, pochi sono i dipinti e artisti che hanno dato spazio a questo tipo di rappresentazione, probabilmente l’idea di poter raggiungere nell’arte un modello di perfezione ha influenzato non poco questa possibilità.
Il dipinto di Ribera Ragazzo storpio dedica tutta la scena al ragazzo napoletano come protagonista dell’ opera , in primo piano col suo piede malformato, scelta inusuale in un'epoca ( intorno al 1642) in cui si prediligevano, come soggetti, personaggi appartenenti all'elite napoletana, o comunque rappresentanti la bellezza, la salute, la perfezione. Chi invece era portatore di qualche malattia o deformità, così come chi era appartenente alla sfera sociale popolare, era totalmente escluso dall'arte così come, dalla stessa società, che tendeva a recluderli in una sfera di invisibilità. Ribera conferisce a questa tematica dignità ed onore, la messa in primo piano del piccolo mendicante ne è la riprova. La bellezza di questo dipinto a mio parere sta nel sorriso e nell’ espressione del bambino, perché è come se si volesse prendere gioco di quello scherzo della natura, beffeggiandosi quasi del destino. È un atteggiamento insolito, se pensiamo, al periodo in cui è stato dipinto. Mi piace pensare che questa immagine raffiguri la città di Napoli, a cui mi sento molto legata e che sento parte di me, una città che nonostante le difficoltà, riesce a conservare una bellezza tutta propria. Dal dipinto non emergono sensazioni di dolore o di sofferenza, ma un atteggiamento positivo che trasmette emozioni altrettanto positive.
L’ altro dipinto del Ribera La donna barbuta invece a primo impatto mi ha lasciato una sensazione non immediatamente positiva, quasi di turbamento, una "mostruosità" certamente più evidente Esso raffigura una donna abruzzese maritata e madre di molti figli, intenta ad allattare l’ultimo nato, pur munita di una faccia totalmente virile, di una folta barba e di un torace egualmente peloso, da cui si protrae una mammella alla quale è attaccato un bimbo intento a succhiare. Il pittore è come se ci volesse rendere partecipi di una natura diversa da quella che siamo abituati ad avere nel nostro immaginario collettivo, ma senza che questo comporti una derisone di quanto raffigurato. I volti, le posizioni occupate dai protagonisti, la naturalezza con cui avviene l allattamento rendono nel complesso l’ opera di un grande valore artistico, quasi a voler dimostrare che anche chi è “ diverso” da ciò che è ritenuto normale, è prima di tutto una persona che sente, prova le nostre stesse emozioni, sogna di realizzare progetti nel futuro, e quindi anche la donna dall’ aspetto virile cela in realtà un essere femminile tutto particolare.
Il terzo quardo, questa volta di Otto Dix, "Giocatori di skate"rappresenta tre militari dopo il primo conflitto mondiale che giocano a carte, marcato però da tratti più tragici ed inquietanti. Si denotano gli effetti che la guerra ha prodotto su di loro: a partire da sinistra notiamo il primo, al quale manca il braccio destro e quello sinistro è stato sostituito da una protesi in legno; al posto della gamba sinistra si ritrova un bastone di legno nero e usa quella destra per tenere le carte; e per poter sentire i compagni è costretto a ricorrere ad un tubicino inserito nell'orecchio destro che è collegato ad un piccolo corno sul tavolo e non ha l'occhio destro.
Il personaggio centrale, ha una parte del cranio ricucita con del metallo; non ha né le braccia, infatti tiene le carte con la bocca, né le gambe, diventate due bastoni di legno nero; parte della mandibola è di ferro ,ha un occhio di vetro e ha una placchetta metallica all'orecchio sinistro.
Il terzo, sulla destra, è solo un busto con una protesi di legno al posto del braccio destro; ha perso sia il naso che la mandibola, sostituita da una metallica. La mostruosità che si intravede nella visione di questo dipinto, rappresenta una sorta ci denuncia per le atrocità che si vivono in guerra, corpi dilaniati e trasfigurati. Oltre questo aspetto ciò che rilevo è il sorriso, l’ espressione di volti divertiti, come quello dell’ uomo centrale. I tratti che fanno percepire la diversità di questi soggetti sono più marcati, e mostruosi. In realtà, come afferma la Braidotti a proposito della bellezza e della mostruosità, ritiene che esse potrebbero essere immaginate come due estremi opposti che si distanziano dal grado zero di mostruosità, che rappresenta quanto si intende soggettivamente per normalità. Questo ci fa comprendere quanto non esista un parametro oggettivo di riferimento, per definire cosa sia normale e cosa no!