“L’ Io rinasce in un incontro”… con questa frase voglio iniziare il mio nuovo intervento sul forum… frase pronunciata da Elvira Dongu, una ex studentessa di scienze dell’educazione, la quale ha partecipato all’attività del forum, ideato dalla prof. Briganti se non erro lo scorso anno e gentilmente ci ha reso partecipi del suo percorso. Questa frase mi ha molto colpita ed incuriosita... Elvira dopo averla pronunciata, ha detto che era di un prete e una volta tornata a casa, la mia curiosità mi ha spinto a fare una ricerca su internet, scoprendo così che quella citazione è il titolo di un libro scritto da: don Luigi Giussani. L’ascolto dell’ esperienza vissuta da Elvira è stato davvero interessante e mi ha reso alcune idee più chiare. Mi sono appassionata al suo racconto, anche perché con l’aiuto di altre persone lei si occupa di una casa di accoglienza per bambini dai tre anni in su, contesto da me conosciuto in quanto ho lavorato per un anno in una casa famiglia di Napoli ed è stata un esperienza che porterò sempre nel cuore.
Oggi abbiamo parlato di tante cose, come la DOMOTICA: studio che si occupa di tecnologie avanzate per l’arredo di interni per agevolare i diversamente abili. C’è stato un dibattito molto approfondito su questo tema, anche perché non tutti conoscevano la capacità e le potenzialità di queste nuove tecnologie. La prof. Ci ha mostrato un video di un ragazzo purtroppo costretto a vivere su una sedie a rotelle, con gravi problemi muscolari e di linguaggio il quale però vive da solo e bene proprio grazie a queste tecnologie… che però sono molto costose e quindi non a portata di tutti. In Italia purtroppo non sono molto diffuse, se non al nord per una piccola percentuale. La prof ci ha detto che a Belluno, il comune da la possibilità alle famiglie interessate di provare il tutto per un mese, per poi decidere di installare questi macchinari o no. Questa è una cosa però che non mi entusiasma molto, perché mi immedesimo in quelle famiglie che alla fine del mese di prova non possono acquistare nonostante i sacrifici fatti… è davvero triste!
Inoltre abbiamo parlato del corpo tecnologico di Capucci, un libro ora introvabile, del corpo elettrico, delle tecniche invasive e di quelle estensive, soffermando di più sulle ultime. La prof. Ci ha fornito anche dei siti molto interessanti e ci ha parlato di alcuni progetti, uno tra i quali gratuito offerto dalla nostra università. Spero tanto di avere un giorno la possibilità di poterne seguire uno al più presto, dato che ho tanta voglia di mettere in pratica le innumerevoli conoscenze apprese per la maggior parte, solo teoricamente.
L’argomento centrale della lezione, però, è stato: BELLEZZA E ARTE NEI CONFRONTI DELLA DISABILITA’. L’arte e la disabilità mettendo in risalto le differenze e il relativismo nelle opere d’arte da ieri ad oggi. Abbiamo osservato tanti quadri di vari autori , relativi maggiormente alla fine dell’ 800 e al 900. Ma i quadri che abbiamo analizzato nello specifico, sono stati 4: Ribera: RAGAZZO ZOPPO. Ribera LA DONNA BARBUTA. Otto Dix GIOCATORI DI SKAT. Otto Dix RITRATTO DELLA BALLERINA ANITA BERBER..
La prof. Ci ha dato come punto di riferimento per esprimere le nostre considerazioni riguardo ai quadri osservati, una SCHEDA DI ANALISI di 9 punti:
1 concetto di bellezza
2 concetto di normalità
3 concetto di mostruosità
4 cosa intende l’autore?
5 cosa ha inteso il pubblico- utente?
6 cosa rappresenta?
7 cosa trasmette?
8 emozioni positive o dolore?
9 critiche personali.
La prof. Ha detto di rispondere a tre dei punti precedenti per tutte le 4 opere analizzate:
Ribera: RAGAZZO ZOPPO.
Jusepe de Ribera, lo Spagnoletto, non era italiano, ma lavorò per decenni in Italia e morì a Napoli nel 1651. La maggior parte delle sue tele rappresentano immagini di santi, dove il loro misero corpo e la vita dolorosa, trovano la loro gloria. L a sua grande capacità è quella di rappresentare senza problemi ,anche senza compiacimenti , un carattere imprescindibile dell' uomo, e cioè la sua eroica miseria, quella sorta di santa precarietà che esprime il corpo umano nel suo oscillare tra effimera bellezza e fisico orrore. In Ribera il brutto si manifesta senza alcun falso pudore; Il brutto, insomma, di poveri esseri, che come il bevitore trovano conforto solo scivolando nella demenza alcolica, con nient' altro che una bottiglia da agognare e accarezzare. Anche lo storpio sorride…E' uno scugnizzo napoletano e il Ribera non vuole certo beffeggiarlo,ma vuole lodarne la gaiezza nella sventura, dichiarando la propria solidarietà. Santi , o sfortunati che siano, i personaggi di Ribera sono del tutto rappresentati nella loro dimensione quotidiana. Questo quadro mi è piaciuto molto. Appena l’ho visto, ho provato una sensazione di allegria, soprattutto nel vedere il largo sorriso del ragazzo, immerso in una natura a mio avviso morta, che probabilmente sta a momenti per rinascere… e magari proprio per questo che l’artista sceglie un popolano come protagonista della sua opera, e non uno dei personaggi usuali dell’epoca, persone dell’ elite napoletana. Inoltre secondo me, per rappresentare Napoli, il CUORE di Napoli non poteva che scegliere una persona del popolo, che in un periodo di guerra non poteva fare altro che sperare in tempi migliori, e il sorriso per me sta a significare proprio questo: la voglia di vivere, di ricominciare ed essere felice. Questa è la bellezza… non arrendersi alle difficoltà e amare la vita!... cosa che molto spesso non viene neanche apprezzata proprio da quelle persone che hanno tutto e quindi cercano sempre di più, fino a chiedere impossibile!Un particolare del quadro che mi ha colpito molto è stato il foglio tenuto nella mano destra dal ragazzo… a riguardo la critica moderna, “ha letto nel quadro una simbologia tipica della Controriforma. La massima si ricollegherebbe alla teoria della salvezza dell' anima ottenuta con le buone azioni, in opposizione a quella protestante per cui ci si salva solo con la fede. Lo storpio simboleggia così la misericordia presso i poveri e illustra, insieme alla sua povertà, uno dei modi per pervenire alla santità: povertà e carità erano infatti considerate dalla Chiesa come massime virtù. Il sorriso aperto del fanciullo rammenta invece un'altra idea tipica del tempo, quella del riso sentito come il modo più efficace per superare i mali dell'esistenza: sorridendo mentre riceve l'elemosina, il fanciullo dispensa la grazia utile alla salvezza al generoso benefattore”.
Ribera: LA DONNA BARBUTA.
il pittore ci rende partecipi di un’aberrazione della natura, ritraendo Maddalena Ventura, una donna abruzzese maritata e madre di molti figli, intenta ad allattare l’ultimo nato, pur munita di una faccia totalmente virile, di una folta barba e di un torace egualmente peloso, da cui protrude una mammella ripugnante, gonfia di latte. Sulla destra della composizione una lunga epigrafe descrive dettagliatamente la storia paradossale di questa coppia. Un’oscurità densa e drammatica avvolge i due coniugi, mentre il volto rassegnato del marito è raffigurato con toccante intensità. Le fisionomie dei coniugi sono scolpite con magistrale virtuosismo e restano impresse nella memoria, quanto e più della sferica mammella verso la quale, inconsapevole, rivolge le sue attenzioni l’innocente frugoletto. L’ artista riesce a trasformare questo anomalo e quasi ripugnante "caso clinico" in una splendida opera d'arte giocando sulla suggestione misteriosa dell’immagine e sulla psicologia dei personaggi: il dramma della donna virile e l’amara rassegnazione del marito sono espressi con commovente intensità. Sulla destra una sorta di splendida natura morta sopra al blocco con l’iscrizione: il mandarino è attributo femminile che allude ai lavori domestici, forse una conchiglia, simbolo di ermafroditismo, e una bobina di lana messa per indicare il carattere femminile del personaggio, pur smentito dalla sua fisionomia esterna; al naturalismo scientifico, quindi, si legherebbe un più profondo significato simbolico. Non avevo notato la conchiglia durante la lezione, poi cercando informazioni più approfondite, sono riuscita a vederla… era difficile accorgersene in aula dato che non ero molto vicina alla cattedra e poi i colori che fanno da sfondo ai soggetti del quadro, sono molto cupi e quindi è come se ostacolassero la visione del tutto. Un altro particolare che ho notato, è stato la posizione decentrata del seno della donna… Personalmente sono rimasta incredula di fronte a quest’ opera in quanto nell’ aspetto fisico non sono riuscita a trovare un aspetto femminile, tranne che per il bambino al seno della mamma e mangia beato incurante dell’ aspetto di quest’ultima nonostante incude un po’ di timore… ma la bellezza di questo quadro sta proprio nell’ allattamento, un azione del tutto femminile alla base della maternità. Viene messa in risalto secondo me la bellezza “interiore” della donna, del suo forte sentimento di attaccamento, di amore che prende vita nel sentimento di una mamma nei confronti del proprio figlio.
Navigando in rete ho avuto modo di leggere una storia di una donna simile a quella dell’abruzzese dipinta dall’ artista:
LADY CLOFULLIA la donna barbuta di Ginevra
Molto tempo prima che la donna barbuta apparisse come una esclusiva novità e rarità,le signore con la barba erano già venerate nella mitologia e nel folklore del vecchio mondo.Ma non fu fino al Rinascimento che le Lady barbute iniziarono ad esibirsi a scopo di lucro.Julia Pastrana è stata probabilmente la più famosa in assoluto,tuttavia anche Ms.Clofullia visse la sua notorietà e non fu da meno.
Nacque nel 1831 nel villaggio svizzero di Versoix,con il nome di Josephine Boisdechene,il suo corpo presentava una fine peluria e all'età di due anni iniziò a spuntarle sul viso la barba.Oggi questa sua condizione è conosciuta come irsutismo,che è una variante dell'ipertricosi.All'età di otto anni la sua barba era già lunga più di due centimetri,tanto da creare sconcerto tra gli stessi medici di Ginevra e gli inorriditi genitori che non sapendo cosa fare,e temendo che anche rasandosi la sua barba sarebbe poi ricresciuta più lunga e più spessa,optarono di nasconderla agli occhi della gente chiudendola in un collegio.
In collegio Josephine ricevette il meglio degli insegnamenti,acquisendo grazia,fascino e raffinatezza e le piu' fini regole del galateo.Nonostante il fatto che fosse una bella ragazza,tuttavia all'età di quattordici anni la sua barba era lunga molti centimetri,tanto che il suo aspetto per alcuni fu definito orribile,per altri folle,ai genitori non restò altro che tentare di sfruttare al meglio questa situazione unica.E così all'età di quattordici anni,partì verso la grande avventura,andando in tour in Svizzera,Francia e poi in Inghilterra per la Grande Esposizione del 1851,accompagnata dal padre e da un agente e poi sola con suo padre.E fu proprio a Parigi che incontrò il pittore Fortune Clofullia che alla fine sposò e con il quale ebbe in seguito due bambini.Nella prima gravidanza,nacque una bambina,ma morì dopo soli 11 mesi,diede poi alla luce un secondo figlio,questa volta un ragazzo di nome Albert,solo pochi mesi dopo la morte della prima figlia.Albert era un ragazzo bello e sano,ed anche lui sfoggiava una sottile barba.La sua grazia e la sua femminilità furono accentuate dal suo ricco guardaroba in stile vittoriano,fervente ammiratrice del monarca francese Napoleone III,modellò la sua barba a imitazione di quella del re,tanto che questi ne restò così lusingato che per riconoscenza le regalò un grosso diamante.
Tutti e quattro alla fine -Clofullia,suo marito,il figlio ed il padre - si trasferirono negli Stati Uniti,dove unite le forze nel 1853 firmò un contratto con il piu' grande e famoso circo itinerante americano dell'epoca,il Barnum & Bailey Circus,iniziando ad apparire all'American Museum di New York come "la donna barbuta di Ginevra" e suo figlio Albert come "l'infant Esaù".
Ma man mano che la sua popolarità cresceva,anche strane voci iniziarono a circolare che lei fosse in realtà un'uomo.
Nel luglio 1853 William Charr un cliente del museo,citò Clofullia in tribunale,sostenendo che lei fosse in realtà un uomo ed un'impostore.Il titolare del Circo Barnum,suo marito,suo padre e tutti i vari medici,testimoniarono e firmarono una dichiarazione giurata che lei,era biologicamente femmina sotto tutti gli aspetti,ed il caso venne respinto dal tribunale.Secondo gli storici,si sospetta che Barnum stesso organizzò l'intera questione come una trovata pubblicitaria,e non sarebbe da escludere,se si pensa che per tutta la durata del processo,oltre 3 milioni di persone pagarono per assistervi e per vedere i protagonisti:Barnum e Ms.Clofullia accompagnata dal figlio Albert,tale ipotesi quindi sembra abbastanza plausibile.
La sua notorietà continuò ancora per un pò di tempo dopo il processo,tuttavia nonostante la sua fama gli avvenimenti degli ultimi anni della sua vita non sono noti,come la sua morte che si dice avvenne nel 1875.[img]
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Otto Dix GIOCATORI DI SKAT:
“Una parola d’ordine ha ispirato negli ultimi anni un’intera generazione di artisti: ‘Creare nuove forme espressive’. Dubito che sia possibile. E se vi fermate davanti ai quadri degli antichi maestri o vi sprofondate nello studio di nuove creazioni mi darete certamente ragione. La novità in pittura, secondo me, consiste nell’allargare la scelta dei soggetti, sviluppando le forme espressive già adottate dai maestri antichi”. O.D
nel 1914 si arruola volontario in artiglieria perchè desideroso di sperimentare la guerra e tutto quello che da essa si generava, ma senza esaltarla nè condannarla. Da questa esperienza derivò la raccolta "La Guerra": una serie di 600 fogli in cui Dix fissò le sue impressioni, visioni ed esperienze di guerra. Negli anni '20, accostò alla corrente Dadaista, grazie alla quale creò la serie di quadri "Prager Strasse", "Giocatori di skat" e "Invalidi di guerra".Le immagini di mutilati, mendicanti, assassini e bordelli esprimono tutto il suo pensiero nichilista e antiborghese del dadaismo. Il quadro raffigura tre militari dopo il primo conflitto mondiale che giocano a carte. Si notano gli effetti e le ripercussioni che la guerra ha prodotto su di loro. Partendo da sinistra notiamo il primo soggetto, al quale manca il braccio destro e quello sinistro è stato sostituito da una protesi in legno; al posto della gamba sinistra si ritrova un bastone di legno nero e usa quella destra per tenere le carte; e per poter sentire i compagni è costretto a ricorrere ad un tubicino inserito nell'orecchio destro che è collegato ad un piccolo corno sul tavolo e non ha perso l'occhio destro.
Il secondo, al centro, ha una parte del cranio ricucita con del metallo; non ha nè le braccia, infatti tiene le carte con la bocca, nè le gambe, diventate due bastoni di legno nero; parte della mandibola è di ferro ,ha un occhio di vetro e ha una placchetta metallica all'orecchio sinistro.
Il terzo infine , sulla destra, è solo un busto con una protesi di legno al posto del braccio destro; ha perso sia il naso che la mandibola, sostituita da una metallica.
Questo quadro mi ha davvero arrecato una brutta sensazione, non riuscivo ad osservarlo inizialmente, sembrava un groviglio di roba vecchia, inutilizzabile quasi. Qui ho riscontrato il punto che riguarda la “mostruosità”… un’ opera che non ispira molta tranquillità! Il messaggio dell’ autore è chiaro: le conseguenze atroci della Guerra, ma a mio parere viene evidenziata anche la forza d’animo dei soggetti dipinti nell’andare avanti facendo le piccole cose quotidiane, come giocare a carte, per non lasciarsi sopraffare dalla realtà che in quel periodo stava molto stretta alla maggior parte della popolazione.
Otto Dix RITRATTO DELLA BALLERINA ANITA BERBER.
è stata una ballerina, attrice e scrittrice tedesca, vissuta nel periodo della Repubblica di Weimar e ritratta da Otto Dix nel celebre dipinto, che è annoverato fra i capolavori del 20esimo secolo. Le sue opere son raffigurazioni spesso grottesche, che sapevano infrangere i tabù più intoccabili. Lo dimostrano le sue vecchie prostitute, dai seni flaccidi e la pelle rugosa, colte nel patetico tentativo di camuffare l'inesorabile e spietato decadimento fisico. Esagerati, deformi, sproporzionati, i suoi personaggi attirano e respingono, affascinano e nel contempo spingono lo sguardo lontano. Come proprio Anita Berber rappresentata come una star scandalosa e consumata, che gioca con le sue forme, intrappolando il pubblico in un gioco proibito. Dix ha affermato che c’è chi ha “bisogno del coraggio della bruttezza e di una vita senza abbellimenti".In questo dipinto, Dix sembra quasi rispecchiarsi nell'autoritratto della donna tisica e drogata, la quale morì a soli 30 anni.
I toni rossi, dello sfondo e del vestito, le curve serpeggianti del corpo sottolineato dall'abito aderente, gli occhi fissi e bistrati, le labbra segnate dagli eccessi più che dal rossetto, svelano nella sua falsità l'immagine della vamp, della femme fatale, simbolo moderno dell'incontro tra Eros e Thanatos, della passione frenetica... che ti porta nella maggior parte dei casi all’ annientamento della propria persona. Dix coglieva ed evidenziava ogni piccolo particolare, come per esempio le stropicciature del vestito e lo faceva proprio per far si che tutti riuscissero a vedere e capire ciò che lui voleva comunicare… il dolore, la frustrazione, le passioni sfrenate e cogliere la graffiante bruttezza di un’ umanità più sgangherata e disarmante di una società corrotta.
grazie anna per il tuo resoconto dettagliato, come se avessi registrato e digitato tutto l'incontro.
la docente