foglia carmelinda Sab Gen 08, 2011 1:59 pm
In riferimento alla riflessione in aula sull’idea di bellezza nell’arte e quindi nella storia, è stato molto interessante vedere materialmente come questa sia cambiata attraverso un esemplificativo quanto rapido excursus che, per ovvie ragioni, non potrà mai essere esaustivo.
Probabilmente suggestionate delle opere di Botero, uno dei primi riferimenti che ci è venuto in mente è stata la Venere di Willendorf , risalente al paleolitico, quando già una forte idealizzazione della figura femminile identificava l’idea di bellezza con quella di fertilità, idea ancestrale che ritroviamo, intatta, nei tempi moderni con Henry Moore e le sue figure distese, corpi primitivi raffiguranti donne simbolo di fertilità.
Fertilità = Bellezza, dunque, ma anche Eleganza = Bellezza. E qui gli esempi di sprecano dall’eleganza delle sculture greche del periodo classico (il famoso Canone di Policleto, basato su rigore ed equilibrio) ed ellenistico (la Menade danzante di Skopas, 330 a.C.), passando per le muscolose figure michelangiolesche, fino a giungere al tardo Rinascimento quando l’ideale estetico di perfezione classica, basato sui canoni di equilibrio ed armonia, si deformano sotto i pennelli di pittori quali il Parmigianino in una tensione che allunga i corpi femminili alla ricerca di una bellezza che in natura non esiste. E come lui, dopo di lui, ancora Ingres (La grande odalisca, 1814; Il bagno turco, 1863) e Modigliani con i suoi indimenticabili ritratti e l’arte contemporanea tutta.
La risposta ce l’hanno data loro, gli artisti: la bellezza non esiste, è un ideale soggettivo che prende forma in ciascuno di noi quando il gusto e la sensibilità personali incontrano quelli del nostro tempo.